testi di Cristina Favento, foto di Cristina Favento e Nanni di Falco©
Camminando da Melpignano verso la nostra seconda tappa di cammino, ho conosciuto Greta. “Scusa, puoi tenerla tu mentre faccio una foto?”, e mi è finita in mano quasi per caso la corda legata alla sua museruola rossa. La strada aveva dei rovi ai lati e l'asina tirava decisa a mantenere la sua andatura mentre io cercavo invano di farla rallentare.
Mi sentivo impacciata e non sapevo bene come relazionarmi con lei. “Devi camminarle davanti se vuoi fermarla e se vuoi decidere tu il ritmo”, mi ha spiegato allora Jacopo, una delle guide che collabora insieme a Eugenia alla gestione delle amiche equine dei Compagni di Cammino.
Di colpo tutto è diventato semplice e naturale. Abbiamo camminato fianco a fianco per un bel po', Greta e io, tra gli ulivi, in silenzio, seguite dal chiacchiericcio degli altri viandanti che dietro a noi stavano intrecciando le prime conoscenze. Passo dopo passo, aumentavano la sensazione di rilassamento e di confidenza.
Non troppa però. Quando ho provato ad accarezzarle il muso, la mia nuova amica si è spostata decisa dal lato opposto. Non è tipa da queste moine, Greta. Ho scoperto poi che ama piuttosto i grattini all'interno delle lunghe orecchie asinine. La sua espressione in quei momenti cambia proprio, diventa più beata.
Prima di entrare nel borgo dove avremmo concluso la nostra rilassata tappa del giorno, la lunga carovana viene salutata da una signora di oltre settant'anni che ci ha scatta una foto con il suo telefonino piuttosto vintage. La scena mi suscita grande simpatia. “Vi stiamo aspettando”, ci ha dice il marito. Sono usciti dal paese per vederci arrivare e darci il benvenuto prima degli altri.
Poco più di 1500 sono gli abitanti di questa seconda comunità virtuosa e ospitale, Palmariggi, il paese del melograno, dicono. Varie fondazioni hanno organizzato la nostra ospitalità nella scuola materna, dove dormiamo sparpagliati in mezzo ai disegni colorati dei bambini. Fervono grandi preparativi per la cena che faremo in piazza. Gli abitanti qui sono carini e accoglienti, ci sentiamo un po' l'evento della serata.
Nella sala conferenze del paese, ci aspetta Luigi Russo, giornalista di Forum Terzo Settore Lecce, che ci parlerà di controinformazione e delle criticità del Salento. Prima del suo intervento ci sono i saluti del vicesindaco e una piccola presentazione di Tomas, educatore cinofilo e guida della Compagnia dei Cammini. Sta viandando insieme a noi, accompagnato dal suo bellissimo e instancabile amico a quattro zampe Roux.
Tomas ci parla di come sono nate le sue proposte di cammini con i cani. “Ai miei viaggi partecipano cioè persone e con il loro cane al seguito – dice - e non solo, spesso ci sono anche gli asini. Non è banale trovare accoglienza per 20, e oltre, animali e 20 persone, ma ne vale certamente la pena. La richiesta di viaggi insieme ad asini e cani sta crescendo fortemente”, spiega.
“Il cane è un grandissimo animale sociale e vogliamo farlo conoscere ai suoi stessi proprietari da un altro punto di vista, insegnando all'animale come relazionarsi meglio, libero di esprimersi. Tutte le dinamiche sono seguite da istruttori cinofili, per creare uno spirito di gruppo tra uomini e animali, anche in relazione tra loro. E anche per avere un contatto con la natura apprezzabile”.
È il turno quindi di Russo, che introduce il suo intervento con il video “attacco alla Puglia”, dove vengono affrontate una serie di questioni problematiche: dall'Ilva ai rifiuti tossici mescolati al tufo di alcune costruzioni, dal gasdotto Tap di prossima costruzione alle centrali a carbone, dalle industrie petrolchimiche brindisine alla xylella.
Tutte ferite aperte di questo territorio, conosciuto ormai in tutto il mondo per le sue bellezze paesaggistiche e per la Notte della Taranta. “Ma purtroppo la Puglia è anche altra cosa” dice Russo. L'intenzione non è certo quella di screditare la sua regione ma piuttosto di agire in prima persona per portare alla risoluzione di emergenze che riguardano l'ambiente tanto quanto la salute e l'economia dei suoi concittadini.
Questa sera il suo pubblico siamo noi, pronti ad ascoltare senza pregiudizio. Perché il camminatore raccoglie non soltanto il suono fragoroso delle tv, gli altisonanti benvenuti istituzionali, i caratteri ad effetto dei giornali, ma anche e forse soprattutto gli echi del vento, il frusciare dell'erba, le voci fuori dal coro. Per capire, a volte per testimoniare, ciò che ha visto e vissuto andando, per portare con sé nuove di prima mano.
E allora ascoltiamo con dispiacere come il TAP, il nuovo Gasdotto Trans-Adriatico in costruzione, dalle coste di Grecia e Albania arriverà in Puglia passando per San Foca, nel comune di Melendugno, una zona paesaggisticamente molto bella del Salento, tutelata come area naturale protetta nei tratti di costa appena circostanti.
Il progetto coinvolge forti interessi economici e geopolitici poiché grazie a questo passaggio adriatico sarà aperto il cosiddetto “Corridoio Sud del gas”, che consentirà l’accesso al mercato europeo delle gigantesche riserve di gas naturale dell’area del Mar Caspio.
A settembre del 2014 il via libera del nostro Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che ha firmato un decreto di compatibilità ambientale, ha vinto sul parere negativo espresso dal Ministero dei Beni Culturali e dalla Regione Puglia.
Oltre alle perplessità legate all'area marina coinvolta, molti sindaci salentini sono infatti contrari al passaggio nei propri territori del gasdotto sia perché il progetto implica la collocazione della centrale di pressurizzazione in un'area ritenuta troppo vicina a zone urbanizzate e quindi pericolosa, sia perché è previsto anche l'abbattimento di alcuni olivi secolari (altri...) per consentire il passaggio degli impianti.
Le amministrazioni locali si sono unite nella protesta ottenendo ascolto in Regione. Dal momento che il gasdotto è però considerato strategico a livello nazionale e internazionale, le opposizioni si sono dovute concentrate su possibili alternative, perché il progetto, in ogni caso, s'ha da fare.
Tra le ipotesi avanzate, quella di dirottare il passaggio in altre aree della Puglia, meno integre a livello ambientale, dove gli impianti sarebbero stati meno impattanti, magari dove la loro costruzione avrebbe anzi implicato una bonifica. Il nostro Ministero dell'Ambiente ha però ribadito che l'approdo a San Foca “risulta l’alternativa migliore sotto i profili tecnico, ambientale e paesaggistico”.
Il 20 maggio 2015 il Ministero dello Sviluppo Economico ha firmato il Decreto di Autorizzazione Unica, abilitando la costruzione e l’esercizio dell’opera, approvando il progetto e dichiarando altresì la pubblica utilità, indifferibilità e urgenza dell’infrastruttura, anche ai fini degli espropri. I lavori inizieranno entro il 16 maggio 2016 e l’operatività dell’infrastruttura dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2020.
Russo ci parla anche del problema delle trivelle, delle discariche (ce ne sono 88 nel Salento, dice), dell'abusivismo soprattutto in zone costiere, dell'autostrada che dovrebbe arrivare a Leuca di dimensioni sproporzionate rispetto al traffico annuale e dei grossi problemi legati al suolo, causati dall'uso massiccio e prolungato di pesticidi estremamente aggressivi, parziali responsabili, secondo il nostro oratore, anche di quello che il giornalista definisce “inganno xylella”.
“In molti campi di ulivo, oggi, non si vede più nemmeno l'erba”, ci racconta. “A volte si vede solo un leggero strato di muschio. Mancano gli elementi nutritivi, la vitalità del suolo che porta fertilità. Questa situazione è il risultato di decenni di uso intensivo di pesticidi, che hanno indurito e inaridito il terreno”.
Il giornalista ci suggerisce che questo complesso disseccamento rapido dell'ulivo attribuito dall'Università di Bari e da altri studiosi al batterio della xylella, potrebbe essere invece il risultato di una serie di concause. Tra queste, appunto, l'impoverimento del suolo ma anche il cambiamento climatico, al quale le piante devono avere il tempo di adattarsi.
"Potrebbe essere", sottolinea: di fatto non si sa con certezza, “ma perché scartare altre ipotesi a favore di un rimedio drastico come l'eradicazione? L'ulivo è un arbusto selvatico, forte, non teme niente – argomenta Russo - non è nemmeno detto che muoia a causa dei rinsecchimenti in atto”.
Ci sono in corso, dice, anche sperimentazioni che suggerirebbero rimedi alternativi alla creazione del cordone fitosanitario proposto dagli studiosi dell'Università di Bari e confermato dalla UE, che prevede l'eradicazione totale – già in corso in queste settimane - non solo di ulivi ma anche di altri prodotti come mandorli, oleandri, cime di rapa, etc.. L'area individuata va da Brindisi a Lecce e coinvolge una fascia orizzontale di 20 chilometri di territorio, estesa da costa a costa.
In Basilicata, invece, ci racconta, hanno cercato di capire come mai va in crisi il sistema immunitario dell'albero. Sono state fatte delle sperimentazioni proprio in una delle zone molto vicine all'area di Gallipoli, considerata un focolaio della xylella, semplicemente adottando il buon senso e le buone pratiche: potatura, compost per arricchire il suolo, arature.
Pare che lo stato di salute delle piante sia migliorato e sia addirittura aumentata la produttività. Perché, quindi, ci chiede Russo, tra due posizioni scientifiche così diverse si sceglie di eradicare invece di verificare e di avere maggiori certezze? Ci lascia intendere che potrebbero esserci degli altri interessi in gioco, anche se, dice, è difficile dimostrarlo.
Ci parla delle proteste in corso, della disperazione dei molti contadini che nulla hanno potuto di fronte alla distruzione di uliveti secolari e alla perdita enorme di valore dei propri terreni. A fronte di risarcimenti inadeguati che non arrivano nemmeno ai 250 euro per pianta, mentre un ulivo secolare ne vale oltre 3mila.
“Ma soprattutto - ci spiega - gli ulivi da noi rappresentano non soltanto un valore affettivo ed economico ma molto di più. Sradicarli significa abbattere il paesaggio del Salento, togliere ai salentini un loro dono e un'eredità lasciata da numerose generazioni precedenti. Questi alberi sono per noi monumenti, persone viventi”.
Ci racconta di contadini e attivisti che si sono legati ai tronchi degli alberi, che hanno occupato le linee ferroviarie, le strade, di aziende che si sono accordate per rifiutare di mandare le proprie ruspe sui campi. “È la reazione disperata di un popolo contro alcuni burocrati e tecnocrati” dice.
Ci parla anche di indagini in corso da parte della magistratura (addirittura sulla diffusione volontaria del batterio) e di giudici che avrebbero sospeso le eradicazioni perché il piano di emergenza del governo mancherebbe di un supporto scientifico valido.
Russo sostiene che, in ogni caso, se si abbattono gli alberi non si abbatte il batterio, annidato nelle radici. “La UE dice di eradicare il batterio, non gli alberi” spiega. E precisa che "mai nel mondo le eradicazione hanno bloccato la xylella" e che uno dei più accreditati esperti americani, anzi, sconsiglia questo tipo di azione perché non solo inefficace ma addirittura dannosa, dal momento che favorirebbe una maggiore circolazione del batterio.
Non sono una scienziata in grado di comprendere il fondamento teorico di una posizione o dell'altra o di verificare ciò che mi viene detto questa sera. Né, tanto meno, tra un chilometro e l'altro di cammino, avrò modo di approfondire seriamente quanto ci è stato raccontato o di riportarvi un contraddittorio (non è una scusante ma una dichiarazione onesta nei confronti di chi legge).
Quanto sia drammatica la situazione e come venga vissuta con sofferenza dai pugliesi è sotto gli occhi di chiunque abbia visto un telegiornale nelle ultime settimane. Le parole di Luigi Russo sono una testimonianza che ritengo quindi doveroso riportare, anche se acriticamente, come spunto di riflessione, giusto prima di andare a ballare la pizzica nella piazza di Palmariggi, alla ricerca di una piccola e necessaria catarsi.
Qui gli abitanti della cittadina non ci hanno preparato una semplice cena quanto piuttosto una vera e propria festa di paese. Per ricordarci che queste terre e le sue genti, nonostante le spinose questioni aperte che ci sono state raccontate questa sera, sanno lottare ma senza perdere la propria vitalità. Ospitali come poche, erano, sono e saranno patria di viandanti dal passo leggero.